La rassegna ETHNOS 2009 non poteva trovare migliore interprete che GILBERTO GIL, l’ex-uomo politico che decide di lasciare, alla fine del suo mandato, la carica di Ministro della Cultura del governo Lula in Brasile per dedicarsi completamente alla sua musica.
Energia immutata se non traboccante e coinvolgente sin dalle prime note e dai primi versi “Omolu, Ogum, Oxum e Oxumare’. Todo o pessoal manda descer pra ver Filhos de Ganghy” (Tutti scendono per vedere i Filhos de Ganghy) ci introduce ai ritmi del Carnevale Bahiano, della citta’ costiera del Brasile che e’ la sua patria e che e’ costituita da circa l’80% da popolazione “negra”, discendente dagli schiavi africani che usavano unire ritmi indigeni, credenze africane e parabole cattoliche in una forma nota come “CANDOMBLÈ DA RUA”, una sorta di “danza dei negri” unita a musica.
E se il mondo era piccolo perche’ la terra era grande, oggi il mondo e’ molto grande perche’ la terra e’ piccola, della misura di un’antenna “PARABOLICAMARÀ” che sottolinea l’importanza dell’apertura di ogni “piccolo mondo” verso l’esterno, dell’individuale verso l’universale, dell’accorciamento delle distanze planetarie che possono costituire al contempo un rischio ed un vantaggio per l’umanita’.
Gil non e’ mai melenso, mai scontato, non lo e’ mai stato, riesce sempre e giocosamente a lanciare messaggi importanti per la vita e la cultura dei popoli, messaggi umanitari che potrebbero valere in Brasile cosi’ come in qualunque altra parte dell’universo.
Contento di essere a Napoli ci presenta i suoi musicisti: SERGIO CHIAVAZZOLI alla chitarra, il figlio BEM GIL alla chitarra elettrica, ALEX FONSECA ai drums, ARTHUR MAIA al basso.
Ma continua a descrivere al pubblico gli svariati aspetti della musica e della cultura brasiliana, quasi si trattasse di una “aula de vida em musica” (lezione di vita in musica) continuando con una SAMBA, simbolo d’identita’ nazionale per il popolo brasiliano, che come e’ noto ha radici africane, e ci racconta di quanto sia importante per l’essere umano la fede, sia essa nella natura, nella divinita’, o in qualsiasi altra cosa, perche’ la fede di solito non sbaglia! (“Anda’ com fe’ eu vou / Que a fe’ n