FABIO CURTO | Tra le rive del nuovo blues

Grande Blues di ferro e di ruggine ma non di quello antico, vetusto ormai cicatrizzato. Siamo nel campo delle nuove frontiere del Pop nostrano, quello che si veste di suoni digitali, quello che Fabio Curto modella a sua immagine e somiglianza tra le venature di rock e di folk americano, di funky, tra le atmosfere alla Springsteen e quelle alla Zucchero passando per bellissime filosofie di italianità del futuro. Fabio Curto pubblica “Rive, Volume 1”, bellissimo disco di 8 inediti e una bonus track, dal mood totalmente radiofonico come l’adrenalinica “Mi sento in orbita”, di cui c’è anche il video ufficiale, alla più intimistica e autunnale “Domenica”. L’inglese resta sempre la sua espressione principale ma in questo giro è l’italiano che decreta regole e tempi. “Only You” è il brano che preferisco: sarà la mia particolare propensione per i Gotan Project, sarà quel certo gusto dissonante nei cori ancestrali che escono dalle retrovie, sarà che questo timbro di voce non ne vuole sapere di fare cose banali. L’intervista interstellare con Fabio Curto…

 

 

Fabio Curto nel soul all’italiana maniera: come si sceglie un genere così particolare? Questo disco sposa a pieno un cliché con cura e con attenzione. Da dove nasce tutto questo?

È un genere che abbraccia molti sound senza problemi di scadenza, che adoro sin da bambino e che permette di spaziare senza troppi intoppi. Dalla selezione dei brani che più stavano bene insieme, è stata lunga. Avevo molte altre canzoni che avrebbero confuso le idee per cui in questo primo volume io ed Enrico abbiamo preferito la coerenza mettendoci tanto del nostro. Non abbiamo mai utilizzato suoni già pronti ma abbiamo costruito le campionature una per una prendendo suoni da vecchi casolari e da oggetti improvvisati.  È stata una grande sfida di produzione e siamo orgogliosi di aver ricevuto tanti complimenti dagli addetti ai lavori.

 

Che poi è anche vero che in molte parti del disco ci sono fuori pista assai interessanti. La tua è sperimentazione o semplice istinto che ti porta dove capita?

Come dicevo ho cercato di tenere il freno a mano tirato ma, avendo sempre scritto per esigenza, molte mie canzoni sono fotografie di un attimo e non sempre in linea con le altre. Ho bisogno di dare musica ad alcuni pensieri della mia vita, attimi immortali, e cerco di farlo liberamente, tutto qui.

 

Cosa sono per te le “rive”? Un immaginario forte, com’è forte il potere visionario in quasi tutto il disco?

Le rive rappresentano un arrivo e una partenza allo stesso tempo… il moto tra le due è costante… come la nostra vita.

 

Posso chiedere il tuo parere? Secondo te perché per citare la grande musica dobbiamo sempre attingere dal passato? In fondo lo testimonia anche questo disco…

Siamo fatti di ascolti, la musica non si inventa secondo me, si sintetizza, ma esiste già. Attingere dal passato vuol dire attingere dagli ascolti che ci hanno forgiato e che ci hanno approcciato alla musica con una connessione sentimentale.

E se volessimo parlare del presente? Che tipo di contaminazione può avere un artista come te?

Sicuramente suoni nuovi sul vecchio, chiamiamolo vintage se vogliamo. L’incontro di queste due cose mi piace, ad esempio passare il suono di un tamburo in un distorsore e iniziare a costruire un beat su uno schema classico, per poi riutilizzare un Mellotron e filtrare 6 violini veri in un ampli di basso… insomma sperimentare senza andare nell’incomprensibile, io sono di gusti abbastanza semplici in fondo.

 

Dal vivo oggi, dopo il riscontro televisivo, che momento della tua carriera stai vivendo?

Il migliore forse, sto viaggiando molto e tornerò presto in Australia per un secondo tour. Sono molto libero artisticamente e sotto contratto con un’etichetta che crede nel mio progetto, alcuni riflettori si sono spenti e non li rimpiango, altri forse si accenderanno.