GERLANDO GATTO | Gente di Jazz

Gerlando Gatto
Gente di Jazz
KappaVu/Euritmica
2017

Gente di Jazz, edito da KappaVu/Euritmica di Udine, è il libro di Gerlando Gatto, giornalista esperto nel settore, tra i più famosi in Italia, attivo in ambito editoriale, televisivo e sul Web.

Gatto ha presentato il suo lavoro a Napoli il 24 ottobre a Palazzo San Teodoro, nel cuore del quartiere Chiaia, davanti ad un’attenta platea di addetti ai lavori ed appassionati jazzofili.
La presentazione, imbastita nella forma di un piacevole dialogo con il filosofo ed appassionato di jazz Marco Restucci e con Giancarlo Velliscig – editore e direttore artistico dell’Udin&Jazz.
Gradito ospite il chitarrista Antonio Onorato, che ha regalato ai presenti alcuni brani suonati unplugged, impreziosendo ulteriormente l’evento con la sua musica.
La cornice del lavoro letterario è il jazz, che contiene tante microstorie: 23, per l’esattezza, che raccontano 23 artisti diversi, con un solo comune denominatore ad unirli: la loro partecipazione ad una delle 27 edizioni dell’Udin&Jazz.
Tanti sono i frammenti che compongono questo libro: questi piccoli spaccati aiutano il lettore a conoscere meglio l’argomento, nei più piccoli dettagli.
Velliscig dice che il jazz apre orizzonti culturali infiniti: non ritiene infatti, possibile, trovare una definizione univoca che lo caratterizzi, perchè il jazz è la sfaccettatura culturale della musica; è ricco, diversificato e vario.
E’ palpabile la componente umana del libro: cuore, emozione, libertà.
Onorato prende la parola e dimostra la sua emozione nel dichiarare di essere tra uno dei 23 artisti raccontati nel lavoro di Gatto e ci delizia con Footprints di Wayne Shorter, insieme al suo allievo chitarrista, il giovane Luca Farias, figlio del bassista Angelo.
Gatto, nativo di Catania, a 5 anni sognava già in tenera età di diventare un giornalista ed ascoltava il jazz; tra i suoi favoriti di sempre, Louis Armstrong.
Il libro, anche esteticamente e graficamente molto curato, dà soddisfazione dalla sua innata maniacalità e lo inorgoglisce molto; le interviste pubblicate non sono le sole che ha raccolto in tutti questi anni e ne ha già diverse altre chiuse nel cassetto:  sono tutte domande poste a musicisti con cui ha affinità e che gli riescono simpatici. Ora che la sua carriera di giornalista economico è terminata perchè è in pensione, ha potuto e può finalmente dedicarsi alla musica.
L’uomo, più che l’artista, emerge chiaro attraverso il suo modo di porre le domande e di dialogare; Gatto rivela che cerca di far trasparire l’essenza umana più profonda dei suoi interlocutori  e confessa di esserci riuscito soltanto a volte.
Ci racconta quindi qualche aneddoto del suo percorso di intervistatore di anime jazz: Paolo Fresu gli ha raccontato di piangere, ascoltando la propria musica; ma anche di ridere, per dimostrare la sua felicità nel poter esprimere il proprio essere attraverso le note.
Ci ha delineato un profilo di Stefano Bollani carino e sincero, che gli ha rivelato che il fine principale delle sue performances è quello di divertire il pubblico; e che quando ciò accade, si diverte molto anche lui perchè spera che la gente esca dalla sala, pensando di aver trascorso una serata serena.
Ha incontrato ed intervistato Michel Petrucciani: un tipo allegro, che nei dopo concerto animava la serata e teneva banco tra tutti i presenti; ricorda in particolare una memorabile sua esibizione a quattro mani al pianoforte con Gonzalo Rubalcaba, durante un dopo cena in casa, all’isola della Martinica.
In tutti coloro con cui ha avuto modo di chiaccherare, sia stranieri che italiani, riconosce una vena di pazzia: gli italiani sono principalmente caratterizzati dalla loro continua ricerca della melodia.
Le donne sono poco presenti in Gente di Jazz: c’è infatti  in programma di mettere insieme un secondo volume, dedicato a loro; Gatto pensa che, ad eccezione di cinque cantanti donne, ce ne siano troppe in Italia, al momento: brave tutte a livello di stile, ma mancanti di quella connotazione personale che sarebbe ideale.
Anche Onorato ci racconta qualche sua esperienza: dice di aver suonato spesso negli Stati Uniti, dove ha spesso visto le foto delle prime band jazz, nelle quali militavano sempre dei musicisti del Sud Italia. A suo avviso, il jazz di oggi ha a che fare con l’improvvisazione spontanea e con la creatività; non è solo swing e bebop, è anche musica brasiliana.
Il jazz nasce dal blues, che affonda le proprie radici nei canti dei neri africani; gli italiani del Sud dell’Italia, dove c’era e c’è una profonda tradizione bandistica, una volta emigrati in America stavano insieme ai neri che si erano a loro volta trasferiti lì: ecco il motivo per cui si sono trovati ad avere una grande parte nella nascita di questa musica chiamata jazz. Gli inglesi ed i francesi vivevano, a quei tempi, in altri quartieri delle città americane, dunque non sono stati per nulla a contatto con questa realtà musicale.
Un interessante libro da leggere per gli appassionati del genere e non.