Quello della splendida Charlie Risso è un esordio elegante che mette mani e piedi in un passato lontano più di 50 anni. Musica appalachiana che si faceva sulla costa east degli Stati Uniti, musica di Dylan per lei che vorrebbe (forse) incarnare la Joan Baez di oggi anche se con questo suo disco “Ruins of Memories” fa sfoggio di troppa “modernità”, troppi arrangiamenti per un mood che spesso era chitarra (o dulcimer) e voce…quella di Charlie è musica che si contamina anche di Radiohead, come leggo dalle note di stampa e ascolto tra le note di questi 11 inediti, ma anche di scenari (in una certa misura) visionari. Musica che non resta ferma al tempo che fu, ma guarda oltre con un risultato che è assai fascinoso e seducente. Un bellissimo ascolto che sta trovando consensi da molta parte della critica. L’invito non è solo all’ascolto e all’acquisto di un lavoro che darà gusto a tutti gli amanti del genere folk & newfolk, ma direi anche a correre su youtube per vedere quanta bellezza dietro i videoclip di lancio.
Ci sono dischi che mantengono vivo nel presente il tempo passato. Hai mai pensato alla tua musica come qualcosa che ha la responsabilità di testimoniare una storia passata?
Sono fiera di rappresentare un genere che amo e che purtroppo oggi in radio, in particolar modo in Italia, si ascolta poco. Per fortuna non vivo il peso della responsabilità in questo senso, ma ritengo sia più una celebrazione del genere.
Mi incuriosisce anche l’immagine che hai sia nei video che in alcuni live… curi anche molto l’immagine che però, se non erro, torna più indietro dei classici anni ’60 a cui si fa subito riferimento pensando alla musica appalachiana di Dylan…e non solo sia chiaro…
Il video di “Superior” è un video che potrebbe essere stato girato negli anni ’70 e negli anni ’60. In questo video dunque l’immagine mi rappresenta a pieno nel mio quotidiano. Nel videoclip RoM, invece, si é cercato di risalire a tempi più lontani quasi a voler ricordare quelle case che avevano camini accesi, si cenava a lume di candela dei candelabri proprio per enfatizzare l’idea del fasto del passato. Anche se il cappotto nero che indosso nel video è un oggetto attuale che si trova nel mio armadio e che metto spesso con un paio di jeans.
E allora ti chiedo: come concili il passato di un certo tipo di musica, di contenuti, di attenzioni con quelle che sono oggi le dinamiche assai superficiali della discografia italiana?
Non ho troppe aspettative a riguardo. La vera soddisfazione arriva dalle recensioni e dalle persone che apprezzano il genere e che sono attente a realtà che in particolar modo in America e in Europa sono ancora attualissime.
Complimenti per i due video clip che troviamo in rete. In particolare la title track del disco. La cura di tantissimi dettagli credo faccia la differenza…dove si trova quel posto e come avete realizzato un simile film?
Grande merito al regista Emanuele Cova con il quale abbiamo scritto di nostro pugno lo storyboard, alle scenografie di Mario Torre, alle performance delle due bravissime attrici Caterina e Alice Arcuri e certamente alla splendida location Valle Christi che ci é stata gentilmente concessa dal comune di Rapallo per un paio di giorni tra allestimenti e riprese.
Voglio lasciarti con lo spunto per un’analisi… la memoria penso sia la chiave di lettura di tantissima parte della tua musica. Come penso sia determinante anche il tempo che passa a confondere i contorni di quel che resta in memoria… appunto le rovine… che sia proprio questa la ricetta che rende musica la tua ispirazione…
Credo sia proprio questa in effetti la ricetta. Il bagaglio di tutte le esperienze passate e quelle ancora da compiere che fanno e faranno parte della memoria. Ruins of Memories.