MY ESCORT | Il pop a regola d’arte

Si intitola “Canzoni in ritardo” questo primo e nuovo capitolo dei My Escort. Primo o nuovo? Sono indeciso su che parola usare. C’è una bellissima intervista con Red Ronnie che mostra a pieno la lunga genesi di questo gruppo che probabilmente, oltre che dalla provincia, prende aria e voce da lunghi anni di metamorfosi e di contaminazioni. E questa lunga ispirazione si sente tantissimo in questo bellissimo lavoro, il primo marchiato My Escort come ad indicare un punto d’arrivo alle tante rivoluzioni…o forse l’ennesimo punto di passaggio. Più che progetto userei la parola esperienza e questo vista e sentita la grande sensibilità e energia che vien fuori lungo tutto l’ascolto di queste 10 canzoni inedite. Siamo nel pieno mondo del pop italiano, con sfumature funky, gospel americano giusto quanto serve a dare un tono diverso al solito stampo radiofonico e poi immancabili gocce di rock. Importante l’impegno autorale importante riversato nei testi come nelle melodie, una voce che ha equilibrio e maturità ma su tutto c’è coerenza e personalità. E senza che la cosa mi stupisca mi scopro ad aver sposato la linea di giudizio che trovo replicata quasi all’unisono su molte pubblicazioni che questo lavoro sta ricevendo…per me è stata una piacevolissima scoperta ma credo di essere tra quelli che, amanti di nuova musica italiana, nel tempo ha perduto anche questo treno. E ripeto la parola coerenza: forse è la cosa che più mi ha colpito di “Canzoni in ritardo”, per quanto unisca a se brani lontani nel tempo…c’è tanto pop in Italia, è vero…ma poca parte di questo sa essere bello e coerente. Due chiacchiere con Alessio Montagna, voce e colonna portante dei My Escort.

 

Da quel che so e da quel che ho capito i My Escort sono figli di altre realtà musicali. Qual è la vostra genesi?

Ero il pianista e principale compositore di una band scioltasi nel 2010, i Dardo Moratto. Al momento dello split stavamo lavorando alle sessioni di registrazione del secondo disco. Ho preso alcune delle canzoni a cui stavamo lavorando, le ho fatte ascoltare a Luca (co-fondatore dei My Escort) e abbiamo deciso, partendo da lì, di andare avanti formando un nuovo progetto.

 

My ESCORT: beh insomma i rimandi sessuali sono decisi e…voluti?

Sì, certamente, anche se il nome non è strettamente legato al sesso. Escort nell’immaginario comune designa una donna che soddisfa i desideri di un uomo a fronte di un corrispettivo in denaro.

Nella situazione in cui mi trovavo al momento di ripartire da zero ho fatto una banale riflessione: una band è formata da musicisti che notoriamente, nel bene e nel male, a modo loro, si trovano spesso in possesso di personalità ipertrofiche. Quando in un simile contesto vige la legge della democrazia, non sempre il progetto riesce ad essere coordinato. Molte volte, più menti coinvolte nel medesimo obiettivo, con l’assenza di un leader definito e la presenza di idee diverse finisce con l’arenare ogni buona intenzione e talento. Ho perciò deciso assieme a Luca di assumerci l’onere della produzione esecutiva, economica della band, di contro, il resto dei musicisti coinvolti nell’operazione non avrebbero goduto di discrezionalità qualora una qualsiasi loro decisione fosse stata in contrasto con la nostra. My Escort quindi riassume un po’ la filosofia che ha generato il nostro primo lavoro: pago dei musicisti che desidero perché facciano esattamente quello che voglio. Relativamente alla questione sessuale, è di certo uno dei motori di tutte le relazioni affettive, argomento su cui amo riflettere, rielaborando dei vissuti personali e confrontandomi con chi mi sta attorno. Inoltre il concetto di sesso a pagamento è qualcosa che sicuramente trovo seducente. Sono attratto dalle debolezze insite nella natura umana e in un paese dove a volte la meritocrazia o la sfida personale viene sostituita dalla raccomandazione o dalla scorciatoia dietro compenso, mi trovo davvero con dell’eccellente materia prima da cui attingere.

 

Ho trovato che questo ascolto abbia 10 singoli. Questo capita (e il vostro disco lo dimostra) che la scrittura sparsa nel tempo abbia tenuto in tiro e ben vivace l’ispirazione. Con scritture nuove sentite addosso la responsabilità di mantenere alto il livello?

Beh, intanto ti ringrazio per la considerazione.

Ti posso dire che registro canzoni solo quando reputo che ne valga la pena. I nuovi brani che stanno uscendo, senza mezzi termini sono a mio avviso di molto superiori a quelli di CANZONI IN RITARDO, sia a livello di scrittura, che di arrangiamento e contenuti, perciò… aspettati qualcosa di bello per davvero.

 

Che bello anche il booklet di questo lavoro. Dove nasce l’idea che associa ai brani una ben precisa immagine? Perché delle volte il disegno e delle altre una fotografia?

Parto dalla seconda domanda dicendo che ogni brano è in realtà associato sia ad un disegno che ad una fotografia. L’idea è voler dare a chi fruisce dell’opera intera, fisica, uno sguardo più completo, unendo anche la vista e connotando maggiormente l’immaginario alla base del disco. Ho voluto altresì dare completa libertà ad Alice Boni e Luigi Pietro Scantamburlo nella realizzazione rispettivamente dei disegni e delle foto, perché a mia volta ero curioso su come le canzoni potessero venire interpretate da soggetti diversi da me.

Parliamo di stile vi va? Perché Riflessi ha uno sfacciata voglia di fare pop radiofonico, Qualcosa che non c’è è meravigliosamente americana, L’equilibrio è forse il brano più indie del disco e Privè sembra venir fuori da un disco di Mario Biondi (ma preso con le dovute distanze). Dovendo scegliere cosa vi rappresenta di più?

L’idea che ho dei My Escort è quella di una band sofisticata, elegante e al contempo comprensibile, in grado di veicolare facilmente un messaggio. Non amo sacrificare l’immediatezza sull’altare dell’originalità a tutti i costi. Però, le canzoni che hai citato contengono degli elementi che in realtà caratterizzano l’intero nostro messaggio perché Riflessi simboleggia certamente l’immediatezza, L’equilibrio racchiude un arrangiamento molto sofisticato ed elegante nonostante le molte stratificazioni, Qualcosa che non c’è tradisce il mio grande amore per il soul e il gospel mentre Privé pesca a man basse nell’essenza del nostro bassista, il cuore pulsante della band. Dovendo scegliere oggi, non sceglierei nulla di tutto ciò perché ravviso un’evoluzione importante nella band che ha portato ad una fusione di quanto detto, ad un’amalgama migliore. Messo al muro con una pistola alla tempia risponderei L’equilibrio, ma non sarebbe del tutto vero.

 

Voglio citare l’inciso del singolo L’equilibrio perché penso sia una frase assolutamente attuale: “Non lascio più rinchiusa la mia vita in un’apparente libertà”. Pensi sia questo quello che stiamo facendo noi ogni giorno?

Quella canzone rappresenta la volontà di risolvere un conflitto tra ciò che “il sistema” in cui mi ritrovo esige che io sia, e ciò che sono veramente. Credo che capiti fin troppo spesso e non solo a me di dover effettuare delle scelte in contrasto con la nostra intima natura. Questo avviene in maniera midriatica. Avvelenandoci da giovani a piccole dosi, senza ucciderci mai, arriviamo ad accettare compromessi sempre più grandi, come assuefatti da una sorta di potere superiore ed invisibile. E’ chiaro che mano a mano che il tempo passa, alcuni di noi acquisiscono la consapevolezza di un cappio sempre più stringente. Uscire dalla gabbia in cui ci siamo infilati (anche perché non sempre dotati di lungimiranza) è per molti un’impresa titanica ed estremamente provante.

 

E tornando al potere immaginifico, alle immagini e ai loro significati: un treno che schizza via, fogli di carta al vento e un paesaggio provinciale. C’è tutto o manca qualcosa?

Quei fogli rappresentano delle relazioni perdute, che non sono riuscite ad essere vissute pienamente, dove la consapevolezza relativamente alla loro importanza è arrivata tardi. Il treno per loro è passato e non saprò mai dove ci avrebbe portato.

La paura di cadere ancora, di farsi ancora male dopo tante batoste è un deterrente monumentale all’essere se stessi fino in fondo, costi quel che costi.

Manca sempre qualcosa. Forse, il coraggio di vivere.