Quando mi hanno proposto questo disco ho constatato quanto ormai siamo divenuti assuefatti e chiusi dietro l’ascolto della musica indie attuale. E lo vedo quando, come in questo caso, la normalità stupisce. E Matteo Schifanoia giunge a portare aria fresca (forse)…lo fa (forse), si ma senza stupire e senza gridare al miracolo. Che poi chi l’ha detto mai che un artista deve per forza essere originale? In questo disco d’esordio dal titolo “Lo Scapolo” di originale forse c’è solo il tema affrontato: ok la crisi, ok questi tempi di crisi, ok i conti con i barili di petrolio…ma Matteo Schifanoia fa i conti con l’amore figlio della crisi. E allora essere scapoli è una soluzione o una degna conseguenza a seconda dei punti di vista. Geniale a tratti, irriverente in altri, tra swing e “rockabilly”, tra rock e pop e molto altro ancora, ci fa ridere e riflettere. Ci sono 8 inediti e non credo manchi nulla. Un bell’ascolto… occhio a non divertirvi troppo, che come al solito poi si finisce per non badar bene al concetto che Schifanoia sta sottolineando. Occhio… e orecchio…
Leggiamo che nel tuo storico c’è anche tanta canzone popolare. Studioso o semplice artista di settore?
Le mie prime esperienze sono legate alle influenze manouche e alla canzone popolare italiana, e qualcosa di queste atmosfere permane anche in questo album, credo sia imprescindibile un confronto con la tradizione popolare se si vuole scrivere canzoni.
E restando sul tema: quanta della canzone moderna attinge a quelle radici? E la tua in particolare?
La nostra è una tradizione melodica che parte dal melodramma, tutta la canzone italiana moderna deve un tributo a queste radici, in particolar modo il genere melodico. Anche la mia canzone.
Veniamo ad oggi. Cos’è quello che tu definisci “cantassurdautore”?
Cantautore ad oggi secondo me è un termine troppo generico ed ho sentito l’esigenza di personalizzarlo ed adeguarlo a quello che faccio, essendo i temi che mi piace trattare un realistico assurdo quotidiano. Da qui il termine cantassurdautore.
Nel brano “Crisi Rock” c’è una splendida vecchina che ci fa la morale, storica e sociale. Chi è?
E’ mia nonna, una donna di quasi novant’anni con una incredibile e sorprendente capacità di sintesi e di cogliere l’essenza delle cose. La sua frase finale per me rimarrà storica.
Tra tutti i brani del disco, dal piglio ironico e brillante, svetta su tutte “Santa la bella stella stanca” che è, forse l’unica vera canzone da cantautore impegnato e serioso. Come mai questa scelta?
Anche “Notte seria” lo è, con un titolo del genere non poteva non esserlo, seppur abbia sfumature di sarcasmo e cinismo. “Santa la bella stella stanca” è una canzone romantica, una ballata, volutamente con intenti poetici, l’ho inserita perché io sono anche questo, non sono solo ironia, ne avrei messa anche un’altra ma purtroppo non c’era spazio per un altro brano.
E quale delle due vesti ti si addice di più? Prendersi sul serio o prendersi a risate?
Entrambe e penso che si veda anche dal tipo di album che è venuto fuori. Non è facile farle coesistere, tutto sta però nel dare credibilità a questa loro coesistenza.