LEDI, italo-albanese, genovese di adozione. La sua canzone d’autore per ora si mostra con un solo singolo in rete, una prima anticipazione. Elettronica digitale al servizio di archi veri, liriche impregnate di significati davvero poco banali e altrettanto poco prensili per chi alla musica dedica un ascolto superficiale e di massa. La canzone di LEDI – stando a questo primo esperimento – parla di noi, della nostra vita, del tempo che sfugge e di quello che in fondo stiamo sprecando. Queste le sensazioni che si provano ascoltando tra le righe ogni sua parola. Un ascolto che merita attenzione.
La canzone d’autore oggi diventa sempre più elettronica. Segno dei tempi o alternative comode?
Penso entrambe le cose. Da una parte tutto oggi viene apparentemente facilitato, anche se ad un prezzo caro se si considera l’inconsistenza che sostiene le cose e purtroppo anche le nostre identità liquefatte. E l’elettronica in questo senso potrebbe esserne l’ennesimo simbolo.
Accade così che tutto rimane maggiormente nella superficie. Tuttavia ha anche senso che il suono oggi diventi più periferico, perché leemozioni stesse lo sono diventate. La mia scelta è andata in questa direzione.
Un tempo il cantautore inneggiava al sociale inteso come politica e rivoluzione. Poi l’amore e i suoi tradimenti. Oggi invece?
Oggi c’è da una parte l’espressione di un malessere tardo-adolescenziale che personalmente trovo abbia saturato le orecchie e le intenzioni: tutti scettici, tutti vinti, tutti arrabbiati, ma pochissimi realmente propositivi o fotografi lucidi della poetica del presente. Vi è anche però l’espressione della poesia disinteressata, quella che mantiene un filo ideale con la vecchia scuola cantautore e la sua poetica… Personalmente vorrei appartenere alla seconda categoria.
Da giorni e settimane gira questo singolo. Secondo te è stato consumato come deve?
Sorridendo rispondo che spero sia stato goduto e non consumato, ma avverto anche che, seppur abbia per me un contenuto importante, vi saranno altri brani che vanno più in profondità rispetto a questo. Oggi tutto va veloce e tutto ha un tempo, e di tempo in fondo parlo anche io questo brano…
Secondo te esiste una linea maestra da dover seguire? In altre parole, esiste un limite alla contaminazione del tutto?
Penso che questa via maestra abbia l’unica espressione di sé nella maggiore onestà e nello sforzo creativo sincero… Se dai tutto quel che hai, se cerchi di andare a pescare sempre più a fondo, se ti esprimi nella tua verità, per quanto mi riguarda, meriti rispetto ed attenzione. L’artefatto mi infastidisce. Forse uno dei vantaggi di oggi è che paradossalmente essere se stessi, oltre che un atto di piccola rivoluzione, è di per sé anche un atto creativo.
Penso che il limite alla contaminazione sia quello della verità di ciò che sei, se c’è quella non vi sono limiti.
Da poeta a cantautore. Che passaggio è stato? Ti ci vedi bene in questi panni?
Non è una cosa alla quale penso, perché difficilmente scindo le due cose. Alcune canzoni nascono volutamente da poesie e, come dalle parole nasce la musica, dalla musica molto spesso nascono le parole. Sono due espressività diverse, questo è innegabile, ma quando sanno prendersi per mano regalano emozioni meravigliose.