“Check your ego at the door!” (Lasciate fuori dalla porta il vostro ego)
Quincy Jones
Era il 1984. A quell’epoca non si parlava ancora, insistentemente come oggi, di cambiamenti climatici. Ma i primi segnali del disastro ambientale a cui assistiamo ai giorni nostri già cominciavano a farsi vedere e sentire prepotentemente.
Etiopia, 1984: Una crisi umanitaria che scosse il mondo
Tra le notizie più drammatiche, che si susseguivano con insistenza nelle rubriche di approfondimento dei vari giornali e telegiornali di tutto il mondo, c’era il dramma della carestia e della fame che la siccità stava già provocando in diverse zone dell’Africa, in Etiopia in particolare.
Le già povere colture erano distrutte, i foraggi stavano scomparendo inesorabilmente, uomini e animali morivano stremati dalla fame, dalla sete e dagli stenti.
L’opinione pubblica era, come sempre, divisa tra gli indifferenti – …quelle regioni, in fondo, sono così lontane… che cosa ci possiamo fare noi…? – gli sconcertati, i sorpresi e gli incapaci di individuare strumenti adeguati per reagire a tutta quella situazione.
L’estate volgeva al termine, i raccolti ormai irrimediabilmente compromessi. L’unico ripiego poteva essere soltanto una massiccia campagna umanitaria che aiutasse, almeno in parte, a superare l’inverno incombente.
Fu allora che alcuni musicisti, dapprima un gruppo piccolissimo di personaggi di colore – che ricordavano le proprie origini risalenti, anche se molto indietro nel tempo, alla vecchia Madre Africa – ma destinato poi ad allargarsi molto più di quanto ci si sarebbe aspettati, decisero di attivarsi. Avrebbero messo a disposizione un po’ delle proprie fortune di artisti privilegiati a favore dei propri fratelli lontani nel momento del loro massimo disagio.
La risposta britannica di Bob Geldof
Per la precisione, una prima iniziativa, peraltro ben riuscita, era già stata presa nel novembre del 1984 da Bob Geldof, noto musicista ed organizzatore di eventi musicali britannico, che era rimasto profondamente colpito dalla visione di un documentario sulla carestia in Etiopia.
Aveva deciso allora, assieme a Midge Ure, chitarrista degli Ultravox, di scrivere il brano Do They Know It’s Christmas? e di formare un “supergruppo” di musicisti inglesi a cui farlo interpretare che – parafrasando la nota marca di cerotti – fu chiamato “Band Aid”.
Il successo, come c’era da aspettarsi, era stato strepitoso ed i proventi delle vendite furono interamente destinati alle popolazioni colpite dalla carestia.
Il 23 dicembre del 1984, dall’altra parte dell’oceano, il cantante ed autore Lionel Ritchie fu convocato nello studio del suo manager Ken Kragen, all’epoca tra i più affermati tra le star mondiali della musica statunitense. Kragen era uno di quelli che, nei propri viaggi, si portava dietro un’apposita valigia piena di rubriche telefoniche con i contatti di artisti e manager dello spettacolo di tutto il mondo.
Harry Belafonte e l’idea dietro “USA for Africa”
All’incontro Kragen raccontò a Ritchie di essersi sentito con il leggendario Harry Belafonte, famosissimo cantante americano (recentemente scomparso) di origine giamaicana, e di averne ricevuto una proposta molto particolare.
Belafonte, nei suoi anni di maggiore successo, aveva affermato nel mondo la musica caraibica ma era stato ed era anche un accorato attivista e sostenitore nella difesa dei diritti delle minoranze di colore che, per primo, avendo centrato la sua attenzione sulla fame che, in particolare in Etiopia, stava uccidendo migliaia di bambini, aveva visitato alcune delle regione colpite dalla carestia e ne era restato profondamente turbato.
Aveva anche osservato, riferendosi alla pregressa iniziativa di Geldof, che i musicisti “bianchi” avevano già preso assieme a Geldof un’iniziativa benefica per aiutare le popolazione africane ma che i musicisti “neri” non avevano invece fatto ancora nulla per i propri fratelli “neri”.
Avrebbe voluto quindi organizzare un grande concerto per raccogliere fondi da destinare agli aiuti per l’Etiopia. Kragen, valutando rapidamente le difficoltà, la complessità e il costo di un simile progetto, gli propose invece un’iniziativa analoga a quella di Geldof, relativamente “più semplice e veloce” da realizzare ma che avrebbe coinvolto, questa volta, le maggiori star, principalmente di colore, della musica americana.
L’idea di marketing era quella di far partecipare, nella veste di frontman, nomi indiscutibilmente altisonanti per impressionare il pubblico.
La proposta di Lionel Richie e Quincy Jones: Il supergruppo USA for Africa
Il ruolo di coordinatore del progetto sarebbe stato affidato proprio a Lionel Ritchie.
Lionel, nonostante i suoi impegni pressanti, sembrò entusiasta, non si fece pregare e propose a sua volta di coinvolgere, come produttore e curatore degli arrangiamenti e della direzione dell’orchestra, nientemeno che Quincy Jones (anch’egli recentemente scomparso), considerato in quel periodo uno tra i produttori musicali più carismatico, di maggior successo e più rispettato.
Ritchie era però in un periodo di intensa attività, in procinto di presentare gli American Music Awards; c’era il problema di individuare gli autori che avrebbero dovuto comporre il brano, ruolo per il quale, in primis, avevano pensato a Stevie Wonder, su cui tutti erano d’accordo.
Ma Stevie – i cellulari erano di là da venire! – non rispondeva al telefono, allora Quincy aveva contattato anche Michael Jackson e gli aveva proposto l’incarico.
Lionel si recò allora a casa di Michael a Encino, in California; i due erano amici, ambedue incidevano per a casa discografica Motown, ma non avevano mai lavorato assieme, l’unica certezza era che non potevano proporre a Quincy Jones niente che non fosse veramente all’altezza della complessità di quella delicata e complessa situazione.
Iniziarono a lavorare ma non ne emergeva niente di concreto, provavano qualche melodia ma, per lo più, perdevano tempo ridendo, scherzando e trastullandosi come buoni amici.
Un altro grosso problema era trovare un modo pratico e realizzabile per riunire tutti quegli artisti e tutti assieme, con i loro impegni già programmati per mesi ed anni, in una sola data per registrare.
Gli American Music Awards, che Ritchie avrebbe dovuto presentare pochi giorni dopo, apparvero subito come un’occasione unica ed irripetibile da cogliere al volo. Una riunione precostituita di così grandi artisti, tutti assieme contemporaneamente, peraltro anche già tutti spesati ed organizzati logisticamente, rappresentava un’opportunità imperdibile.
Si decise così che proprio la notte successiva a quell’evento sarebbe stata la data migliore di cui approfittare per registrare. Avrebbe permesso di coinvolgere tutti i più grandi nomi, Prince, Kenny Rogers, Cyndi Lauper, a cui si sarebbero aggiunti altri invitati non presenti agli Awards: Bruce Springsteen doveva volare apposta a Los Angeles subito dopo la fine di un concerto del suo tour, ma accettò e, subito dopo lui, Bob Dylan e, a seguire, Billy Joel, Tina Turrner, Paul Simon, Diana Ross, Ray Charles, Al Jarreau…
Cominciarono così a palesarsi altri problemi di non poco conto: anzitutto il tempo, che cominciava ad essere davvero poco; c’era poi la condizione imprescindibile che il progetto, nel suo insieme, restasse rigorosamente segreto.
Mantenere la massima riservatezza era un presupposto fondamentale, se si fosse venuto a sapere di tante “star”, riunite tutte insieme nello stesso posto, la folla si sarebbe accalcata all’ingresso degli studi di registrazione ed avrebbe ostacolato se non impedito l’ingresso degli artisti ed il rapido e sereno svolgersi dei lavori, e il tempo di una sola notte, per fare tutto e bene, era davvero poco.
Come nacque “We Are The World”: La composizione della canzone
L’altro problema pressante, a quel punto, cominciava ad essere la canzone… che ancora non c’era ma che avrebbe dovuto esserci al più presto: Lionel e Michael dovevano smettere subito di scherzare ed iniziare a fare sul serio.
Incalzati dalla scadenza, tra una frase musicale e l’altra, che i due improvvisavano al pianoforte, a un tratto ne venne fuori una che sembrò essere quella giusta. Misero a punto velocemente l’embrione del brano e lo presentarono a Quincy Jones che ne fu entusiasta.
Frattanto tra i vari studi di registrazione di Los Angeles fu selezionato A & M Records per la sua posizione favorevole rispetto agli Awards e le apparecchiature di avanguardia di cui era fornito.
In veste di tecnico del suono fu incaricato Humberto Gatica, considerato uno dei migliori sulla piazza.
Appena Quincy ebbe finito l’arrangiamento convocò Ritchie, Jackson e Gatica per il giorno 22 gennaio 1985 presso il Lion Share Recording Studios di Los Angeles, di proprietà del cantante Kenny Rogers.
Il programma era quello di registrare la base strumentale del brano e la demo vocale da duplicare poi sulle cassette a nastro, il sistema più semplice ed efficace di comunicazione dell’epoca, che sarebbero state inviate tempestivamente ai manager ed a tutti gli altri artisti affinché la studiassero per prepararsi alla registrazione definitiva.
Stava per nascere il prototipo di We Are The World.
Mentre tutti erano al lavoro comparve Stevie Wonder. Un brivido percorse la schiena dei nostri protagonisti, preoccupati che si risentisse per non essere più stato coinvolto concretamente.
Ma, come sa fare il buon allenatore di una squadra vincente, Quincy lo prese da parte e seppe trovare le parole giuste; la semplicità, la modestia e la giovialità di Stevie fecero il resto, per cui non se la prese affatto.
Sembrò solo sorpreso per non essere stato avvisato, proprio lui che in realtà stato il primo ad essere stato interessato alla composizione del brano ma doveva esserci stato qualche malinteso oppure la questione doveva essergli sfuggita.
Si unì comunque velocemente al gruppetto ed iniziò a cantare apportando le sue inconfondibili personalizzazioni vocali.
Intanto Quincy aveva contattato Tom Balher, un arrangiatore vocale con una vasta esperienza negli ambienti gospel e spirituals che aveva lavorato con diversi artisti tra cui Sarah Vaughan.
Si riunirono a casa di Lionel, pensarono quale sarebbe stata la disposizione degli artisti in coro nello studio e Tom si occupò di stabilire in quale ordine gli artisti avrebbero cantato mezzo verso, ciascuno con la propria personalità, alternando i timbri graffianti e ruvidi con quelli più lineari e puliti.
La notte magica del 28 gennaio 1985: La registrazione di “We Are The World”
Arrivò la fatidica sera del 28 gennaio 1985, quella in cui Lionel avrebbe presentato gli American Music Awards allo Shrine Auditorium di Los Angeles, dove erano presenti gran parte dei musicisti che avrebbero poi preso parte alla registrazione di We Are The World.
Ma la preoccupazione e l’incertezza persistevano per tutti coloro che non erano presenti ed avrebbero dovuto raggiungere la band. Dionne Warwick si trovava a Las Vegas, Stevie Wonder a Philadelphia, Bruce Springsteen a Buffalo, dove il maltempo metteva seriamente in dubbio i voli aerei.
Nelle pause, dietro le quinte, Lionel provò a coinvolgere la batterista e cantante Sheila E, a quell’epoca nella band di Prince, nel progetto che lo attendeva nella notte successiva. Sapeva che Prince si era invaghito di lei e sperava che la presenza di Sheila nel gruppo potesse aiutare a trascinare anche Prince nel progetto. Tra l’altro dovette pure convincere Cyndi Lauper che sembrava aver cambiato idea sulla sua partecipazione.
Tra Prince e Michael Jackson c’era un clima di rivalità sempre abbastanza acceso. Quella sera Prince ricevette dei premi ma non Michael: non si era neppure presentato agli Awards ma si era recato direttamente agli studi A & M Records per mettere a punto gli ultimi dettagli della registrazione. All’inizio era convinto di dover solo scrivere la canzone, non pensava di cantarla e non voleva essere protagonista. Poi Quincy l’aveva convinto del contrario e della bontà dell’opportunità.
Al termine dello spettacolo tutti gli artisti si trasferirono rapidamente agli studi A & M Records, molti di essi non avevano assolutamente ben chiaro come sarebbero andate le cose nelle ore seguenti.
All’ingresso trovarono sulla porta un biglietto, scritto di suo pugno da Quincy – che evidentemente conosceva i suoi “polli” – su cui c’era scritto: “Lasciate fuori dalla porta il vostro ego”. Quella notte, per una volta, si mettevano da parte gli interessi, le competizioni e le ruggini personali
Erano tutti entusiasti: con la definizione del numero, quarantacinque, e dell’identità degli effettivi artisti partecipanti nasceva il “supergruppo” USA For Africa, (dove “USA” sta per “United Support Artists”).
Tra essi figuravano anche, unici non statunitensi, l’attore e cantante canadese Dan Aykroyd e il britannico Bob Geldof il quale, saputo della nuova iniziativa, intrapresa a seguito e su ispirazione della sua, spinto dalla sua notoria generosità, aveva immediatamente dato la sua disponibilità.
La fibrillazione era altissima, il tempo davvero pochissimo, c’erano anche personale e attrezzature di ripresa video, quindi anche parrucchieri e truccatori.
Qualcuno, come sempre, era più indisciplinato e sopra le righe degli altri, qualcun altro era eccitato, nervoso oppure, come Bob Dylan, sembrava non essere del tutto a suo agio.
Ciascuno trovò il proprio nome scritto su un pezzetto di carta adesiva attaccata al pavimento e prese il posto che gli era stato assegnato per cantare accanto al proprio partner vocale.
L’assenza di Prince e le curiosità dietro le quinte
Frattanto cercavano ad ogni modo di convincere Prince ad aggiungersi alla band, particolarmente usando l’attrazione che esercitava su di lui Sheila E la quale, rendendosi conto di essere stata invitata principalmente per svolgere il ruolo di esca per attirare Prince, ne rimase profondamente delusa.
Ma Prince non si presentò. Solo all’ultimo momento offrì di registrare un assolo di chitarra in uno studio appartato ma Lionel Ritchie glielo negò: stavano registrando tutti assieme, nello stesso studio, e le regole sarebbero rimaste uguali per tutti. Quincy aveva chiesto di lasciare fuori dalla porta il proprio ego. Prince non c’era riuscito. Peccato per lui. La parte di Prince fu cantata al suo posto da Huey Lewis.
Si registrò ensemble la parte corale, poi fu la volta delle parti soliste. I lavori erano lunghi ed estenuanti, ci furono, errori, ripensamenti e rifacimenti… e intanto le ore passavano ed il nervosismo aumentava. C’erano rumori di fondo fantasma di cui non si riusciva a capire la causa, ci volle un po’ per accorgersi che Cindy Lauper era letteralmente ricoperta da decine di collane, bracciali e orecchini…
Al Jarreau aveva un po’ alzato il gomito, Bob Dylan non si sentiva sicuro di se, qualcuno aveva la tonalità un po’ troppo alta e stonava.
Ma l’incontrastata capacità di Quincy di aggiustare le cose ebbe la meglio su ogni difficoltà, uno alla volta tutti i problemi furono affrontati e risolti.
I lavori terminarono verso le sei del mattino del 29 gennaio del 1985. Tra grandi baci e abbracci tutti erano soddisfatti di aver contribuito ad una buona causa.
Diana Ross, conscia di quanto quella situazione fosse unica ed irripetibile, scoppiò in lacrime e abbracciando Steve Wonder disse: ”…non voglio che finisca!”…
Ebbene no, Diana, quello che resta nella storia non finisce mai del tutto…
Il successo globale di “We Are The World”
Le prime ottocentomila copie del singolo giunsero sul mercato americano il 7 marzo 1985 e furono rapidamente vendute, ma le stime di vendita erano per venti milioni di copie.
Il brano fu trasmesso il 5 aprile 1985 in contemporanea alle ore 7,50 su più di cinquemila stazioni radio in tutto il mondo. Raggiunse rapidamente la vetta delle classifiche di vendita e conquistò ben tre Grammy Awards per la canzone – come “Canzone dell’anno”, “Disco dell’anno” e “Migliore interpretazione di un gruppo vocale” – uno per il video – come “Miglior cortometraggio” – e un American Music Award come “Canzone dell’anno”.
Conquistò così rapidamente il record come brano più venduto della storia della musica fin a quel momento. Nei soli States saranno vendute oltre otto milioni di copie.
Subito dopo la pubblicazione del singolo si procedette alla registrazione di un album, formato da We Are The World con l’aggiunta di altri nove brani inediti di diversi autori a cui non era stato possibile partecipare.
Tra gli altri si era aggiunto 4 the Tears in Your Eyes di Prince, che la notte magica della registrazione aveva declinato l’invito a partecipare al progetto iniziale.
Un altro supergruppo canadese, i Northen Lights, avevano frattanto prodotto un loro progetto di beneficenza ed offrirono il brano Tears Are Not Enough.
La pubblicazione avvenne l’1 Aprile 1985, vendette oltre 3 milioni di copie e ricevette una nomination per i Grammy Awards nel 1986.
Tutte le spese di produzione e di distribuzione furono sostenute dalla Columbia Records. Nessuno ricevette un solo dollaro per i lavori di quel progetto.
Come Quincy Jones aveva auspicato, tutti avevano messo da parte il proprio orgoglio e ne era nato un capolavoro di cooperazione e di generosità.
Tanti, troppi, dei protagonisti di questa storia sono via via scomparsi e oggi non sono più tra noi.
Band Aid, USA for Africa e il Live Aid: l’eredità delle mobilitazioni umanitarie
Ma Band Aid e USA For Africa lasciarono un esempio insostituibile e l’avvio di una lunga serie di ulteriori iniziative umanitarie che si sono susseguite nel tempo.
Fra le più importanti spicca il Live Aid, tenutosi il 13 luglio 1985, dove ancora una volta Bob Geldof, con l’aiuto di molti altri artisti suoi amici, riuscì ad organizzare uno dei più sensazionali eventi della televisione di quell’epoca. Due grandi concerti rock, in contemporanea ed in mondovisione, in due continenti diversi, il primo presso lo Stadio di Wembley a Londra e l’altro allo Stadio JFK di Filadelfia, cui presero parte personalità internazionali tra le più in vista del mondo della musica e dello spettacolo.
Formats:
Single Vinil – 12″ – 45 rpm and 33 1/3 rpm – 7″ 45 rpm
Tracks:
A) We Are the World – 7:19 (Michael Jackson e Lionel Richie)
B) Grace – 4:30 (Jeremy Lubbock, Quincy Jones)
Musicians:
Quincy Jones – Production, arrangements & direction (appears courtesy of Qwest Records)
David Paich – keyboards
Michael Boddicker – keyboards, programming
Michael Omartian – keyboards (appears courtesy of Sparrow Records)
Greg Phillinganes – keyboards (appears courtesy of Planet Records)
Louis Johnson – bass (appears courtesy of Capitol Records)
John Robinson – drums (appears courtesy of Warner Bros. Records Inc.)
Paulinho da Costa – percussions (appears courtesy of Pablo Records)
Singers (in alphabetic order):
Dan Aykroyd
Harry Belafonte
Lindsey Buckingham (Fleetwood Mac) (appears courtesy of Elektra/Asylum Records)
Kim Carnes (appears courtesy of EMI AMERICA Records)
Ray Charles
Bob Dylan (appears courtesy of Columbia Records)
Sheila E. (appears courtesy of Warner Bros. Records Inc.)
Bob Geldof (appears courtesy of CBS Records/PolyGram Records Ltd.)
Hall & Oates: (appears courtesy of RCA Records)
– Daryl Hall
– John Oates
James Ingram (appears courtesy of Qwest Records)
Jackie Jackson (appears courtesy of Epic Records)
La Toya Jackson (appears courtesy of Private I Records)
Marlon Jackson (appears courtesy of Epic Records)
Michael Jackson (appears courtesy of Epic Records)
Randy Jackson (appears courtesy of Epic Records)
Tito Jackson (appears courtesy of Epic Records)
Al Jarreau (appears courtesy of Warner Bros. Records Inc.)
Waylon Jennings (appears courtesy of RCA Records)
Billy Joel (appears courtesy of Columbia Records)
Cyndi Lauper (appears courtesy of Portrait Records)
Huey Lewis and the News: (appears courtesy of Chrysalis Records)
– Mario Cipollina
– Johnny Colla
– Bill Gibson
– Chris Hayes
– Sean Hopper
– Huey Lewis
Kenny Loggins (appears courtesy of Columbia Records)
Bette Midler (appears courtesy of Atlantic Recording Corporation)
Willie Nelson (appears courtesy of Columbia Records)
Jeffrey Osborne (appears courtesy of A&M Records)
Steve Perry (Journey) (appears courtesy of Columbia Records)
The Pointer Sisters: (appears courtesy of Planet Records)
– Anita Pointer
– Bonnie Pointer
– Ruth Pointer
Lionel Richie (appears courtesy of Motown Record Corporation)
Smokey Robinson (appears courtesy of Motown Record Corporation)
Kenny Rogers (appears courtesy of RCA Records)
Diana Ross (appears courtesy of RCA Records)
Paul Simon (appears courtesy of Warner Bros. Records Inc.)
Bruce Springsteen (appears courtesy of Columbia Records)
Tina Turner (appears courtesy of Capitol Records)
Dionne Warwick (appears courtesy of Arista Records)
Stevie Wonder (appears courtesy of Motown Record Corporation)
Engineers:
Humberto Gatica
John Guess
Formats:
Long Playing Vinil – 12″ – 33 1/2 rpm – Cassette Album – CD Album
Tracks:
01. USA For Africa – We Are The World 7:02
02. Steve Perry – If Only For The Moment, Girl 4:34
03. The Pointer Sisters – Just A Little Closer 3:53
04. Bruce Springsteen & The E Street Band – Trapped 5:11
05. Northern Lights (Canadian All Stars) – Tears Are Not Enough 4:21
06. Prince And The Revolution – 4 The Tears In Your Eyes 2:45
07. Chicago – Good For Nothing 3:35
08. Tina Turner – Total Control 3:38
09. Kenny Rogers – A Little More Love 2:54
10. Huey Lewis & The News – Trouble In Paradise 4:34
Tutte le foto dal Web